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Old 17-02-2009, 21:39   #1
manzone franco
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Default cuccioli dall est

vorrei riportare ciò che ho letto sul giornale di ieri, sperando di scoraggiare acquisti di animali trattati in questo modo.( secondo la mia opinione , il cucciolo andrebbe acquistato in un allevamento di fiducia, piccolo o grande che sia, ove i contatti con l' allevatore sia tenuti prima e specialmente dopo....)MILANO
Un recente blitz del Corpo Forestale e dei Carabinieri al canile di Santa Brera di San Giuliano Milanese, comune alle porte di Milano, ripropone il tema dei cuccioli che arrivano dall’Est europeo. Un flusso che spesso elude le regole e che tiene in scarso conto la
salute degli animali. L’Ufficio Diritti Animali della Provincia di Milano ha stilato un decalogo per evitare di essere "gabbati" e, soprattutto, di essere complici di questa triste speculazione. Poche e semplici regole che possono rivelarsi molto utili.
1) Non acquistare animali a mercati, mercatini o fiere itineranti;
2) non comprare cagnolini o micetti di età inferiore ai tre mesi;
3) non comprare cuccioli nei negozi, è meglio rivolgersi a un allevatore serio, riconosciuto dall’Enci (Ente Nazionale Cinofilia Italiana);
4) insospettirsi se il prezzo del cucciolo di cane è inferiore ai 250 euro;
5) esigere immediatamente il documento di acquisto;
6) non farsi allettare da un attestato internazionale;
7) richiedere la documentazione delle vaccinazioni;
firmare un contratto d’acquisto e leggerlo tutto con attenzione;
9) è sempre preferibile scegliere un cagnolino di canile;
10) portare comunque il nuovo arrivato subito da un veterinario, per una bella visita.

Il mercato dei cuccioli dall'est ricostruito in un dossier
La tratta dei cuccioli è molto diffusa. La Provincia di Milano l’ha ricostruita in un dossier. Basta andare in una piazza di mercato di Budapest o di qualche altra città ungherese, polacca o ceca. Ci sono gli importatori italiani, che arrivano con i furgoni, c’è il mediatore, ci sono i «produttori» locali, con la «merce» da piazzare, che arrivano in trattore dalle campagne circostanti: si tratta di allevatori di pecore o contadini, che sanno ben poco di allevamento di cani, di razze, di genealogia, men che meno di diritti degli animali.

Infine c’è il veterinario ungherese (o polacco ecc.) che arriva con un tavolino, pieno di fogli e timbri. Inizia la contrattazione. I contadini magnificano la loro merce, il traduttore traduce, gli italiani abbassano il prezzo. Quanto? In genere, sui 25 Euro a «pezzo». Per pezzo si intende un cucciolo di uno o due mesi appena strappato alle cure della mamma. Verrà rivenduto in Italia a dieci volte tanto. I documenti di espatrio, sostengono alcune associazioni animaliste che si sono occupate della vicenda, vengono fatti al momento dal veterinario, che spesso timbra libretti di vaccinazioni mai fatte.

Di vaccini nemmeno l’ombra, d’altronde, al veterinario non importa, i cuccioli stanno per uscire dal suo Paese. Conclusa la tratta, l’importatore italiano paga in contanti i contadini e il traduttore, lascia una mancia al veterinario e carica sul furgone la sua mercanzia. Inzia poi il viaggio, spesso un’ecatombe. Imballati come saponette, dentro cassette di cartone o di legno, ammassati, al buio, senz’acqua nè cibo, i cuccioli arrivano a destinazione dopo trenta-trentacinque ore di viaggio, in condizioni igieniche talvolta drammatiche.

Alla frontiera sarebbe necessario verificare che i trasportatori non violino le leggi a tutela degli animali. Che sono due. La 189/2004 contro il maltrattamento di animali e il decreto legislativo 532/92 per la protezione degli stessi durante il trasporto. Si importa dall’Est perchè, allevati in maniera approssimativa, i cuccioli costano poco. Per questo consentono un margine di utile maggiore rispetto ai cani provenienti da allevamenti nostrani. Costano di meno, anche se spesso muoiono poco dopo l’uscita dal negozio. Già, perchè molti, troppi cuccioli, pochi giorni dopo l’acquisto stanno male.

Sottratti con troppo anticipo - sempre sotto i tre mesi - alle cure delle madri, subiscono, oltre a condizioni stressanti di viaggio, lo stravolgimento dell’alimentazione e un vero e proprio bombardamento farmacologico. Questo serve a fare arrivare il «prodotto» in buono stato sui mercati. «Grazie a immunizzanti, cortisonici e altri farmaci, tra i quali uno con gammaglobuline che ritarda gli effetti di eventuali patologie in corso, i cani non muoiono quasi mai in negozio o dall’importatore», è l’accusa dell’associazione Gaia Animali & Ambienti.

«Ma una serie infinita di patologie acquisite nei Paesi di provenienza, l’assenza di vaccinazioni e di qualsivolglia credibile cura veterinaria portano la mortalità dei cuccioli fino, e oltre, il 50% dei casi. L’ultimo guaito avviene, dopo costosi trattamenti e cure, tra le braccia dello sprovveduto acquirente». Già, spesso finito l’effetto del farmaco, al cucciolo vengono le più diverse malattie. I cani muoiono un pò alla volta, giorno dopo giorno. È un’agonia straziante: tra vomito e diarrea emorragica. Ed è uno choc, perchè al piccolo, nel frattempo, ci si è affezionati.

Ma c’è anche la truffa del pedigree. I cuccioli dell’Est, spesso, vengono venduti con la promessa del fantomatico pedigree. Per gli acquirenti fortunati, il pedigree arriva dopo circa otto mesi-un anno, ma è incomprensibile. Si tratta infatti di un pezzo di carta scritto in ungherese o in polacco sul quale potrebbe anche esserci scritto: «bravo, italiano, hai comprato un cucciolo malato con un pezzo di carta insignificante». Una truffa che ricorda quella epica della «moneta romana antica» venduta ai turisti americani all’ombra del Colosseo, oppure, sempre per citare Totò, la vendita della fontana di Trevi.

Se si acquista un animale bisogna sottoscrivere un contratto e leggere attentamente ciò che si firma. Nel caso il quattrozampe dovesse morire, e se il vizio fosse riconducibile alla vendita, bisogna comunicare entro dieci giorni con lettera raccomandata il danno subito. Poi si ha tempo un anno per adire le vie legali.

Il documento di vendita, insomma, va sempre richiesto, all’allevatore o al negoziante perchè serve ad attestare la provenienza del cucciolo. In Italia un cucciolo di due o tre mesi non può ancora avere il pedigree, ma il negoziante è tenuto a certificare la sua fonte d’acquisto. Il documento deve poi attestare che il cucciolo sia regolarmente iscritto a un albero genealogico e, infine, deve fornire una garanzia sanitaria di almeno venti giorni contro l’eventuale insorgenza di cimurro, epatite, leptospirosi e parvovirosi.

Queste micidiali malattie virali hanno infatti un periodo di incubazione piuttosto lungo: da 15 a 20 giorni. Un cucciolo che abbia contratto una di queste malattie potrebbe apparire sanissimo al momento dell’acquisto, ma ammalarsi e morire nel giro di poche settimane.

Contro tutte queste malattie esistono vaccini perfettamente funzionali, e se il cucciolo viene allevato in modo corretto e vaccinato all’età giusta non contrarrà mai queste gravi patologie: quindi un rivenditore onesto, conscio che il piccolo è stato regolarmente vaccinato, non farà mai obiezioni di fronte a questa richiesta.
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dai diamanti nasce niente, dal letame nascono i fiori ( F DE ANDRE)
UN CANE GUARDA UN LUPO E VEDE IL DIO CHE UN TEMPO ERA......
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