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Old 04-11-2019, 11:02   #1525
valentina
e la zecca Misha
 
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Default 03-02-2006 / 26-10-2019: 13 anni e nove mesi di LEI

Se qualcosa va scritto, va scritto qui, perchè qui tutto è iniziato.

Non lo posso negare e non voglio nemmeno farlo, il 26 ottobre si è fermato parte del mio mondo come in quei vecchi telefilm degli anni 90 quando improbabili super eroi, con un gesto plateale della mano, bloccavano la scena rimanendo liberi di muoversi in una cornice congelata. Solo che, di solito, quella specie di magia serviva per salvare il mondo da catastrofi inaudite, mentre la mia volontaria apnea non serve a nulla. Di questo ne sono perfettamente cosciente.

Inutile dirci che ognuno ha una reazione diversa, c’è chi gestisce il dolore in modo asettico o chi, come me, lo fa arrabattandosi con quelle che crede siano delle difese da mettere in atto tipo paracadute. Anche se, forse, non servono a niente. Anzi, sono del tutto inutili.

Tutti mi hanno sempre detto che quando arriva il momento il TUO cane te lo fa capire ed io, pur comprendendo la frase nel suo significato, non avrei mai creduto che sarei riuscita d-a-v-v-e-r-o a cogliere il messaggio. Un comunissimo sabato mattina ... uno sguardo, il suo, completamente diverso dal solito.
Avevamo in serbo una nuova giornata pronte per scrivere qualche nuova avventura, ma "quello sguardo" vincolava ad un immediato controllo veterinario. Sembrava così assurdo, un'ansia immotivata, si è alzata, si è mossa, eppure quella sensazione nata dallo sguardo stanco ed assente si è rivelata per quello che era: vera, cruda, capace di lacerare in un secondo il cuore, strappando nel contempo l’anima.

Venerdì tutto era normale .... avevamo passato insieme una giornata in mezzo al verde, prima a leggere un libro sotto il sole sdraiate una accanto all’altra e poi con la nostra passeggiata. In questa cornice era del tutto inverosimile pensare che eravamo arrivati a doverci lasciare per sempre. Eppure quello sguardo perso nel vuoto, mentre sabato scendevamo a fare pipì, si traduceva esattamente in questo. il cervello lo capisce, ma non si attiva immediatamente facendo le cose più sensate, anzi crea alibi al malessere pensando ad altro. Qualsiasi altra cosa. Ed invece, gli esami, traducono la realtà in fatti concreti, puntuali, oggettivi …. un pungo in faccia che ti stordisce.

Chi mi conosce sa bene quanto io abbia investito nella mia vita in prevenzione e continuerò a crederci, eppure a pochi mesi da degli esami di inizio estate p-e-r-f-e-t-t-i (e quando parlo di esami intendo sangue, ecografia generale ed ecocardio) ed un ulteriore visita a settembre (forse per un sesto senso premonitore) qualcosa di “bastardo” me l’ha portata via attraverso un’emorragia importante. Non mi interessa e non ha senso conoscere il nome del bastardo: che sia stato un emoangiosarcoma o un aneurisma non fa differenza. Almeno per me.

E così, quella parte di razionalità che ti rimane, ti fa stringere i denti e ti permette di prendere la decisione più difficile della vita volta a salvaguardare quella topolina, con l’unico scopo di arrivare qualche ora prima rispetto a quel “bastardo” che la stava tirando lentamente giù per quel tunnel di sofferenza … sofferenza che doveva e andava evitata. Ed il tutto è successo nel modo migliore che potessi sperare vista la situazione, raccolti intorno a lei, gli affetti più cari, la sensibilità e l’amicizia di chi le ha iniettato l’arma capace di mettere in silenzio il bastardo facendola addormentare per sempre.

Quando si sceglie un cane si sa che c’è un “end”, si prende la decisione consapevolmente, ma mano a mano che riempi la vita di colore, avventure, risate, corse e viaggi quella consapevolezza la scacci il più possibile dai tuoi pensieri procrastinandola ad una data sconosciuta. Misha mi ha dato tanto e l’ho vissuta come credevo fosse giusto per noi, ovvero appieno, in modo completo, a 360° in ogni momento e in ogni dove. Una l’ombra dell’altra, ovunque.

So anche, perchè rimango comunque di base razionale (nonostante il momento pieno di emozioni contrastanti) che dobbiamo ritenerci fortunatissime: la vita ci ha permesso di fare fino all’ultimo giorno passeggiate uniche senza il minimo malessere. Questo al bastardo lo riconosco, rispetto ad una malattia “consumante” ci ha permesso di sorridere senza riserve fino a venerdì sera. E so bene che non è poco.

Ora, per chi rimane, c’è lo strazio, la disperazione, lo shock. Non esserci potute salutare nell’intimità di una coccola, ascoltando i fischi delle marmotte che ci piacevano tanto. Però le avevo promesso (e manterrò la parola data) che l’avrei portata in tutti i nostri posti a caccia di quei roditori, ad inseguire le nuvole sotto le rocce, a fare il bagno in specchi d’acqua alpini o a inebetirci una abbracciata all’altra davanti ad un tramonto sardo.

Per questo l’ho cremata ed è qui con me, quando sarò più forte ripercorrerò con il branco monco le nostre giornate più belle e libererò nell’aria parte di lei così che lei possa aspettarmi meravigliandomi dipingendo cieli di rosso, tuonando con acquazzoni improvvisi o semplicemente facendomi sorridere per un ricordo. Ora le mie foto fanno male, sono un pugno nello stomaco, ma so che diventeranno, nel tempo, la mia ancora di salvezza.

Voglio dire grazie a tutte le persone che nonostante la mia misantropia mi sono vicine pur non avendo nessuno strumento per farlo …. telefono, mail, visite … per ora sono tutte bloccate (salvo casi sporadici) perchè c’è ancora tanta emozione che non riesco a tenere a freno. Però indirettamente mi arrivano messaggi, alcuni mi hanno abbracciato così tanto forte da farmi sentire concretamente il loro stesso dolore, c’è chi ha chiamato da chilometri e chilometri di distanza o anche dalla nostra stessa città che - mi è stato riferito - parlassero tra i singhiozzi. Questa era Misha, una scontrosa befana (in effetti non mi stancherò mai di ripeterlo ha preso tutto da me) che sapeva arrivare dritta al cuore. Riempiendolo a dismisura.

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A distanza di una settimana, la parte razionale della mia mente mi sta facendo lentamente accettare la perdita, so bene che, tra le mille cose che ci si poteva aspettare, questa è stata la cosa migliore che potesse capitarle e che le ha risparmiato sofferenza. So anche che l’età c’era tutta, ma non riesco ancora ad accettare chi cerca di consolarmi dicendo “eh però aveva 14 anni …” come se questo fosse un punto sufficiente per soffocare ogni emozione.

Nella parte più umana, quella regolata dai sentimenti, infatti, Misha manca così tanto che spesso mi sembra di non poter respirare. Di non avere proprio l’aria nei polmoni. Il momento più brutto di tutta la giornata è quando mi sveglio di soprassalto e realizzo. Si, perchè ogni volta che perdo la coscienza del tempo, mi sembra di dimenticare quanto è accaduto. Aprire gli occhi però ha l’effetto di un ceffone in pieno viso, lo stomaco contratto, il vuoto.

Rimane il ricordo, ora doloroso perché lacero, di vite che si sono intrecciate e fuse per condividere avventure progettate e vissute con la piena volontà di passare tempo insieme. TUTTO il tempo possibile, sempre, in modo pieno e sentito. Anche questa, però, non è una consolazione.

Le fotografie che ho scattato instancabilmente per tantissimi anni, di cui ricordo ogni singolo posto, sono custodite nella memoria. Ogni maledetto click.
Guardarle concretamente fa ancora troppo male, anche se so bene che più avanti, quando la tumefazione sarà più lieve, serviranno per dare alle sfumature i colori giusti oltre che delinearne nitidamente i contorni. La memoria fatta di immagini di una persona che vive di fotografia è un’arma a doppio taglio, un contenitore ad alta definizione di momenti congelati ed intrappolati nell’obiettivo.

Momenti unici ed irripetibili, vissuti, pensati e ricercati.

Da “quel” giorno, a lungo, ho cercato e voluto silenzio intorno a me. Un silenzio assordante, scandito dal susseguirsi continuo delle lancette, interrotte dallo squarcio dell’anima che ha reso sterile qualsiasi nuovo momento. Il rumore del mondo che continua, inesorabile, un sussurro costante di quotidianità che però rifiuto e da cui, ancor adesso, spesso fuggo. Rifugio alterato di dolore accettabile. Silenzio … il nulla … il rumore là fuori spacca i timpani. "Vita" mi dicono, che va avanti, che scorre, ma che non placa la necessità di piangere.

Sembra quasi che, per dovere sociale, debba riuscire a girar pagina nel più breve tempo possibile, perchè ci sono dei comportamenti accettati e altri tollerati. Il mio, credo, sia sopportato dai più solo grazie all’affetto che molti hanno per me, nonostante sia sempre stata solitaria, difficilmente addomesticabile. In questo periodo, in effetti, mi immagino spesso come un’immensa coltre di neve bianca …fredda, asettica. Nessuno troverà mai, lì in mezzo, il disegno di una strada simile al tratto di una linea nera scolpita a matita su un foglio capace di raggiungermi. Chi cerca troverà solo deboli impronte lasciate qua e là senza una meta precisa e senza direzione. Spesso e volentieri i passi si sovrappongono come ripensamenti su come reagire.

Era “solo” un cane. Era un cane. Era l’appendice del mio stesso essere. Era l’ombra e la proiezione di me stessa. Un ululato all’unisono che ora suona rauco e afono.

https://www.instagram.com/ares_misha/

Accidenti Misha, quante storie abbiamo scritto insieme .... questa e l'ultima. Io, Agostino ed Ares le rivivremo per scrivene altre in tuo onore.
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Valentina & MISHA & ARES
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